UniSalento istituisce l’Osservatorio sui linguaggi di odio in rete

Capita spesso, nell’era della digitalizzazione avanzata, di sentir parlare di “hate speech”, “haters”, termini legati al sempre più diffuso odio in rete.
Insulti, offese, fake news costruite a regola d’arte per spingere ulteriormente le persone a odiare il prossimo, a scagliarsi contro qualcuno saranno oggetto dell’attività dell’Osservatorio sui linguaggi di odio in rete istituito dal Dipartimento di Storia, società e studi sull’uomo da UniSalento.

Il progetto è stato presentato il 22 Febbraio scorso presso l’Università del Salento. Sarà diretto dal professor Luigi Spedicato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e focalizzerà la propria attenzione su “il negazionismo, l’odio politico, l’apologia di regimi, la discriminazione etnica o basata sul genere e sulle abitudini sessuali, l’odio religioso e razziale, l’attacco al diverso in ogni sua accezione, la propaganda terroristica”.

«La percezione della realtà e i comportamenti sono determinati dal linguaggio, che orienta e definisce l’esperienza dell’ambiente influenzando l’agire sociale», spiega il professor Luigi Spedicato, «I valori e le credenze degli individui, il pregiudizio e lo stereotipo, il sistema di attese e i comportamenti sociali agiti dipendono dalle narrazioni che le sostengono e che al contempo le alimentano. In questa prospettiva le forme di linguaggio aggressivo orientano specifici modelli di lettura dei sistemi sociali e alimentano la messa in atto di comportamenti distruttivi delle diverse forme di cittadinanza».

L’impegno delle Istituzioni coinvolte non è solo di evitare che queste forme di odio si manifestino, ma soprattutto di riuscire a costruire basi solide contro la diffusione di questi trend. L’Osservatorio, infatti, incentiva, organizza e gestisce, anche in collaborazione con altre istituzioni pubbliche di ricerca e organismi privati italiani e stranieri, attività di studio,di intervento, di progettazione finalizzate a promuovere azioni di contrasto verso questi “hate speech” sui social media. Tra gli obiettivi: promuovere la ricerca interdisciplinare sulle dinamiche di generazione e diffusione degli hate speech in Rete e sui social network e affiancare con le proprie analisi e ricerche le autorità e le istituzioni nazionali e sovra-nazionali nelle politiche di contrasto alla diffusione del linguaggio d’odio.

Ma non è tutto. L’Osservatorio è impegnato in alcuni laboratori teatrali, in cui la parola è concepita come elemento base delle relazioni sociali, anche in ambiente virtuale, con la creazione di un “alfabeto dei sentimenti”. Tra le scuole coinvolte:l’istituto superiore “Don Tonino Bello” di Tricase, e i Comprensivi “Da Vinci” di Cavallino, “Colonna” di Monteroni e “Geremia Re” di Leverano. In questi contesti, lo scopo dei laboratori è far capire ai ragazzi la gravità dell’hate speech, che non solo è indelebile e lascia traccia in rete, ma che può avere serie conseguenze giudiziarie.

Ma a cosa ci si riferisce menzionando gli “hate speech”? Da una relazione del professor Luigi Spedicato apprendiamo che l’espressione hate speech significa, letteralmente, discorso d’odio, talvolta tradotta come incitamento all’odio. È una definizione che <<indica qualsiasi espressione, indipendentemente dalle forme assunte (scritte o orali, verbali o non verbali, esplicite o implicite), contenente insulti, offese, dichiarazioni di intolleranza nei confronti di un singolo o di un gruppo specifico>>.

Tra i potenziali bersagli di tali manifestazioni di odio sono attualmente comprese le minoranze religiose, le donne, le persone LGBT, i disabili e gli anziani.

Un report Unesco del 2015 intitolato “Countering Online Hate Speech” evidenzia alcune peculiarità dell’odio in rete: la permanenza nel tempo; il carattere itinerante del messaggio, che anche dopo la rimozione può ricomparire nelle varie piattaforme postato da altri utenti; l’anonimato (grazie all’uso di pseudonimi o nomi fittizi), che rafforza il senso di impunità; la transnazionalità dei contenuti, che si diffondono senza confini e in modo capillare, rendendo difficile l’individuazione di strumenti legali per limitarli.

Anche il lockdown ha avuto effetti sui contenuti dei social network. Non solo si è registrata un’impennata di contatti online, ma secondo  i dati dell’ultimo rapporto sull’applicazione dei cosiddetti “Standard della comunità di Facebook”, da gennaio a giugno 2020 i contenuti di incitamento all’odio (rintracciati e rimossi) sono passati da 9,6 milioni del primo trimestre a 22,5 milioni nel secondo.Su Instagram stessa dinamica: si è passati da 808.9 mila del primo trimestre ai 3,3 milioni dei mesi aprile-maggio-giugno.

Parliamo quindi di un fenomeno sempre più esteso e trasversale. Sono stati messi in atto numerosi progetti per contrastarlo (“Contro l’Odio”, “Parole O_Stili”, “Odiare ti costa”, “Il barometro dell’odio”) ma è per noi salentini motivo d’orgoglio sapere che proprio l’Università del Salento, attraverso l’Osservatorio, permetterà di aprire una nuova finestra nel panorama italiano sulle nostre relazioni sociali e sul mondo virtuale (e non) che continuiamo a costruire.

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