Elezioni politiche: dilaga l’astensionismo 

Nella giornata di Domenica 25 Settembre oltre 50 milioni di italiani sono stati chiamati al voto per l’elezione dei componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Si è trattata di una giornata estremamente importante per l’Italia, con si suoi cittadini chiamati a decidere le sorti del proprio Paese. Eppure, l’affluenza alle urne è calata nettamente, come dimostrato dalle tre proiezioni delle 12, delle 14 e delle 19, sia in Italia che in Puglia. Il dato nazionale del voto alle 12 riferiva del 18,97% dei votanti (quattro anni fa erano il 19,47%), mentre quello pugliese è calato al 16,27% rispetto al 17,24% delle precedenti elezioni politiche. A Lecce stessa tendenza: l’affluenza è scesa al 16,88% rispetto al 17,28 del passato. Un maggior numero di cittadini al voto in mattinata si è registrato nei piccoli paesi, come Giuggianello. Sorpresa a Trepuzzi alle ore 12 che, in totale controtendenza, totalizzava il 20,58% dei votanti rispetto al 16,95 di 4 anni fa. Ma in serata la situazione è cambiata anche lì, come a Surbo, che alle 12 era al 17,35 rispetto al 16,83%.
Alle 19 confermata la minore affluenza rispetto a 4 anni fa: la provincia di Lecce era al 45,08% rispetto al 56,87% delle scorse elezioni politiche.
Il voto è una delle maggiori conquiste delle democrazie moderne, è un diritto inviolabile e un dovere civico. Le generazioni passate hanno portato avanti numerose battaglie per poter ottenere tale diritto, quindi perché ad oggi il numero di quanti non si recano alle urne è in crescita ovunque? Le motivazioni sembrano essere svariate: la forte somiglianza tra proposte e idee dei vari candidati e delle diverse coalizioni, con la conseguenza che la vittoria di uno o dell’altro avrebbe uno scarso impatto sulla vita dei cittadini; la crisi dei partiti, i quali ormai non riescono più a mobilitare gli elettori e portarli alle urne, ma soprattutto la sfiducia generale nei confronti dei partiti e delle istituzioni. La maggior parte degli italiani non si sente rappresentata dai candidati politici, dai partiti e dai loro programmi, che si rivelano tutto fumo e niente arrosto. Nessuno riesce ad attuare concretamente riforme e cambiamenti a favore di un’ampia fetta di popolo che desidera qualcuno che abbatta i privilegi e si schieri realmente a favore dei diritti dei lavoratori, qualcuno che cerchi di distribuire le risorse in maniera più equa, imponendo una tassazione che non colpisca così prepotentemente la fascia medio-bassa, qualcuno veramente interessato alle tematiche ambientali, pronto a intervenire concretamente per limitare il più possibile i danni che l’uomo sta causando alla Terra, qualcuno che dia nuova linfa al tessuto sociale, impegnandosi a favore di temi quali la disoccupazione, la cultura, l’istruzione, qualcuno che sia dalla parte dei giovani, che offra loro maggiori possibilità e incentivi la cultura a 360 gradi, qualcuno che si mostri attento alla situazione delle donne, che combatta la disparità di genere su tutti i fronti. Ci sarà stata sicuramente una piccola fetta di popolo che si sarà fatta convincere della becera campagna elettorale della Destra e un’altra piccolissima fetta che avrà votato la Sinistra a fiducia, basandosi su una campagna elettorale pressoché inesistente, ma i numeri parlano chiaro: l’astensionismo è preoccupante. Tuttavia, oltre agli astenuti “volontari”, che non nutrono alcun tipo di fiducia nella politica e che ritengono che il loro voto non possa fare la differenza, ci sono stati poi gli “astenuti obbligati”: parliamo di tutti i fuori sede, studenti e lavoratori che non avrebbero potuto esprimere la propria preferenza se non tornando nel loro luogo di residenza. In tantissimi hanno scelto di non tornare. I motivi sono vari: i costi del viaggio, le difficoltà a organizzarsi con gli impegni universitari e i turni del lavoro. È possibile non agevolare i fuori sede, togliere loro la possibilità di contribuire alla vita pubblica del Paese? A quanto pare, in Italia sì.
Recarsi alle urne sarebbe stato estremamente importante, in fondo sono i cittadini a fare lo Stato, nulla era perduto, soprattutto perché lo scopo delle elezioni era quello di rinnovare il Parlamento e in una Repubblica parlamentare come la nostra non conta solo chi vince, ma anche quanto forti sono le forze di opposizione in Parlamento e un’opposizione forte può fare la differenza per impedire che venga stravolta la Costituzione repubblicana o per vigilare con grandissima attenzione sui tentativi di limitare alcuni diritti, a partire da quello all’aborto.
Il diritto di voto è una delle forme di libertà individuale più importanti di cui disponiamo e una delle massime forme di espressione democratica. È un diritto che dà voce alle nostre idee e garantisce che la nostra voce sia ascoltata. Eppure, molti non lo comprendono e ancora una volta a vincere è stato il “partito degli astenuti”.
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