La parabola della vita dell’autrice Maria Rosaria Greco vuole essere il suo libro intitolato “La figlia del bar”, edito da ArgoMENTI, (pp. 180, 2025) e prefato da Cristina Mottura. Una storia intimistica rivissuta come un flashback di foto-ricordo, icone di persone che hanno condiviso un’esistenza che va dagli anni ’60 all’epoca contemporanea, uno spaccato del vivere di chi scrive nella pubblicazione.
Un racconto di incontri e addii colti proprio nel mentre nasceva un’affezione tra l’ambito vitale e la protagonista che narra autobiograficamente i propri vissuti di un ambiente esterno-interno, espressione di meditazione, uno stato intriso di emozioni opposte. Fanno da corona la famiglia, il vicinato, le compagne di scuola, la chiesa, il paese natale e il posto in cui si è formata la donna-insegnante , la figlia del Bar.
Un esercizio commerciale che nasce negli anni ’50 e vive due decenni per poi rinascere in una veste adeguata ai tempi negli anni ’70 quando la scrittrice, che solo una volta parla di sé denominandosi e cioè quando conosce un’omonima, più che mai bambina, assiste al nuovo battesimo del Central Bar. La rinnovata location, diremmo oggi, definisce la natura dei rapporti intessuti sul luogo tra gli avventori e i gestori, nonché i genitori, lei compresa e alla quale resta la contemplazione nel contesto novolese. Il senso intimo della preparazione di bevande, paste e prelibatezze tipiche mediante le quali passano affetto, amorevolezza e contagio emotivo pare imprimere a chi ragguaglia una nuova pelle guadagnata in situ che al momento agisce e sparisce per consunzione naturale quando la vita chiama.
I vari personaggi del luogo additati con nomi e nomignoli che si susseguono con un ritmo alternato e che colora le vicende esposte, restituiscono un’idea del folklore della cittadina del nord Salento che ha passato, come tutti i paesi limitrofi, le crisi endemiche e i progressi, flussi e riflussi della storia che accompagnano la qualità della vita e lo spazio a volte ingeneroso della maestra autoctona. Una catena di congiunzione è il filone della musica, lieta presenza quasi fisica nel divenire della gioventù di Novoli, dal genere leggero al pop, saltando il rock, che proietta il sentire di una fine sensibilità quella dell’autrice e di una sua capacità mnemonica non comune, impreziosita dalle rimembranze di rapporti basici come quelli tra la zia Bianca e la narratrice e a sua volta con il giovanissimo frequentatore del bar, divenuto un valente professore di Lettere, conosciuto, stimato, Francesco, facente parte degli affetti, seppur non consanguinei, ma offerti dalla vita nella famiglia di Maria Rosaria. Realtà contingenti, discrete, dignitose vengono descritte, rappresentative del modus operandi dei concittadini ritratti attraverso i mestieri, le abitudini, la ricchezza dei sentimenti, l’onestà solidale, di contro a contesti opulenti da cui spiccano la fastosità, i simboli nobiliari, i caratteri gentilizi delle atmosfere sfarzose, dalle quali la Greco pare prendere pudicamente le distanze, senza sminuirne i significati sociali e gli accenti loro attribuiti dai più. Teatrini di anni consumati con odori, sapori, sensazioni che riconsegnano una Novoli che già dai tempi passati, e oggi ancor più, altresì con le sue feste patronali, sinonimo di tradizione, religiosità e bellezza, mitica nella sua caratterizzazione.
In Maria Rosaria Greco la percezione radicata del credere cristallizzata nelle “strutture viventi” animate della Madonna del pane e dell’immortale simulacro del primo degli Abati d’Occidente, Antonio, appartiene alla cultura di una “compatriota” di genere DOC.