Tonio Calabrese, alla sua seconda pubblicazione consacra il suo ambiente di vita, la sua Novoli dal titolo “A Noule…”, edito da ArgoMENTI, la casa editrice del suo conterraneo e amico Antonio Soleti, altresì direttore responsabile di Paisemiu, la testata giornalistica online di cui lo scrittore è anche collaboratore freelance.
Calabrese è appassionato di storia patria, di letteratura e poesia dialettale, quest’ultima forma linguistica di comunicazione è la prescelta nell’opera suddetta data alle stampe con una prefazione di Piergiuseppe De Matteis. E, mentre le lancette dell’orologio segnano il cammino della memoria, il tempo vissuto da autore e prefatore pare coincidere con un amarcord raccontato con parole semplici, immortalate come in un click fotografico, che ringrazia la propria terra di esistere.
“Novoli come un maestoso albero secolare , ha bisogno di essere curato e nutrito con costanza per continuare a dare i suoi frutti”, scrive De Matteis. In un grande abbraccio il lettore si sente trasportato trascinandosi dall’essere assuefatto a internet ad una realtà fatta di termini che sono il contrario di inglesismi e neologismi ma che contemplano un passato che pulsa, la lingua parlata in paese.
Giustamente, come Tonio Calabrese dice nella premessa, si punta a mobilitare otto competenze chiave di cittadinanza per l’acquisizione del senso civico nelle scuole, pass necessario per valutare o meno la degnità all’appartenenza ad un ideale status anche europeo, scordandocisi che la sola radice della parola spesso richiama ad un passato che riempie, arricchisce e, talvolta facendo sorridere, restituisce lo spirito identitario.
È questa la ragione che spinge l’autore ad offrire una raccolta di poesie in vernacolo, secondo la terminologia dotta, in dialetto invece, come l’idioma comune la definisce. Il calendario è la collana epistolare con cui si apre e si chiude il libro intervallato da considerazioni di carattere tradizionale, filosofico, metacognitivo e che spesso sono inserite in inoffensivi motteggi tra serio e faceto. Si inizia con Scinnaru, mese che eterna il Santo Patrono “chiamato” come ogni anno dal cielo “sutta nna cuperta te nuule”, una chicca raccontata su uno spiritoso intervento del vescovo, intento a salire in cima alla focara, spettatore di quadretti improntati a blasfemia e, giunto fisicamente all’obiettivo, divertito tra i botta e risposta fra i costruttori del falò, inneggianti al superamento dell’altezza. Sua Eccellenza benedice mastri e capimastri, sbalorditi da cotanto coraggio e scienza unita a immensa fede, lucente quanto il fuoco, elemento di sacralità. La fantasia di Calabrese condita dallo humor tipico di chi partecipa seppur distanziato per costume, detentore di straordinaria ricchezza di culto cristiano che gli deriva dalla frequentazione del Duomo del capoluogo salentino, tutto teso nella sua performance musicale adempiente all’incarico, previa nomina di Maestro di Cappella e direttore del Coro della Cattedrale e dell’Arcidiocesi di Lecce.
Avvolte da un anelito spirituale nelle pagine che scorrono le feste comandate e non ma che gravitano attorno alle chiese: la Cannirola, Santu Nicola, la Matonna te Noule o Matonna ladra, comunemente chiamata dagli “antichi”, Santu Martinu e la Icilia te la Mmaculata. L’insieme degli scritti poesia e prosa rivelano la natura colta del maestro e professore, conoscitore di storie e storia attraversate dall’amore per Novoli, sua diletta dimora. Non sfugge il lessico caratterizzato da slang che talvolta assume significati vari come parpaiola, in altre realtà paesane configura qualcosa di sciatto e quant’altro. Colpisce un termine onomatopeico “zizzicu” che sta per allegro, pensare che alla letture del testo si può allegare uno zibaldone come aiuto per il discernimento, anzicchè le classiche note a piè di pagina! Si avvicendano figure storiche come l’arciprete papa Cicciu e laici come Fiorinu, famoso anche al di là della realtà conosciuta e rispettato tra i più. Ad ogni buon conto chi vuole “sentire” Novoli con sentimento, scusando il gioco di parole, è il benvenuto per chi con la finezza della sua penna ha affrescato la sua “gens”. Appare a tratti anacronistico il mondo narrato che, come ravvisa Sant’Agostino, è un tutt’uno, ossia i piaceri materiali, in tal caso della “carne”, descritta in “Allu macellu” ovvero i sapori della tavola non sono disgiunti dai gusti o gli interessi sociali, descritti con pudico stato d’animo. Non si tratta di una Novoli Sparita, ma si può ben dire che “Vedi Novoli e poi ri-nasci”. Nel mese di settembre decantato nel libro si descrivono atmosfere all’ombra del gioco del ramino e dell’uso quasi compulsivo del telefonino, a cui si adusi ai giorni nostri.
Capitoli a parte espongono il comune sentire della scuola, in cui da bravo osservatore, essendo docente di materie letterarie , definisce il carattere endemico dell’istituto educativo. E tasto dolente, è il caso di dire, il “Mors tua”, è più che un paragrafo nel quale ha la parte del leone l’argomento aulico della fede tra religiosi e “confinanti” nelle chiese che acquisiscono una sorta di pregevole autorevolezza, nell’esercizio della propria pratica cristiana.
L’essenza del volume, se vogliamo, è festa e cotillons ma vince l’aere sacro fra il Primo Abate d’Occidente e la Madre celeste alla quale eleva il canto ”Regina coeli, laetare, alleluia”.