Carabiniere morì in un incidente stradale, ma per l’Arma non era in servizio. Domani parola ai testimoni

L’attesa di una madre che non può più vedere il figlio, ma può solo lottare per la verità. Cioè per quello che ancora non sarebbe emerso, in quattordici anni. Da quel 17 giugno in cui morì il carabiniere brindisino Sergio Ragno, ventiquattrenne, a causa di un incidente stradale in località Cascine, a Firenze. Il dolore comprensibile dei genitori, ma anche quello, non giustificabile, derivato dalle ombre che da domani si tenterà di dissipare in un’aula giudiziaria.

Domani infatti si svolgerà la prima udienza dell’istruttoria testimoniale davanti al giudice della sezione lavoro del tribunale di Brindisi per chiarire come sia morto il giovane carabiniere scelto. Giorni fa l’abbiamo incontrata, quella madre, Vittoria Olimpio. Trasmette forza, un coraggio che sembra eclissare il dolore, quel dolore che però non sarà mai cancellato; racconta senza astio i motivi della sua delusione per l’atteggiamento che qualcuno ha assunto riguardo alla verità circa la morte del figlio. Chiede solo che sia onorata la figura istituzionale di Sergio, che non si raccontino frottole su quell’incidente stradale. Tenacia e serenità.

Le testimonianze di ufficiali e sottufficiali saranno utili al fine del riconoscimento dello status di vittima del dovere per Ragno. Il quale sarebbe morto durante un’operazione di prevenzione e repressone del traffico di sostanze stupefacenti. Un servizio che l’Arma dei carabinieri non ha riconosciuto. Eppure un collega di Sergio avrebbe ammesso che il militare brindisino fosse stato inviato a Cascine da un superiore. Ragno non sarebbe morto quindi nel tempo libero. Secondo i suoi familiari e il loro legale, avvocato Giulio Murano, il carabiniere salentino aveva lavorato di notte, ma alle 17 del giorno seguente fu inviato dal suo capitano al parco delle Cascine per arrestare uno spacciatore. Azione in borghese, usando la propria moto. Servizio da compiere insieme ad altri carabinieri. L’operazione però fu posticipata alle 20. I militari erano già sul posto indicato. Particolare fondamentale, questo, perché l’Arma asserisce che Ragno fosse lì, ma non in servizio. L’incidente mortale dunque non sarebbe in relazione col servizio istituzionale. Tesi della Procura della Repubblica e del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze. Caso archiviato.

Ma Vittoria Olimpio si è mossa perché la magistratura valutasse un’altra verità. Anche perché non sono stati trovati il telefono di Sergio e l’agenda su cui il giovane carabiniere registrava i suoi servizi istituzionali. E su denuncia della famiglia Ragno la Procura militare di Roma ha accertato dissonanze nelle relazioni di servizio degli ufficiali. Non solo. L’Arma non ha riconosciuto l’operazione compiuta da Ragno, ha fatto notare in un comunicato stampa l’avvocato Murano, «pur avendo dichiarato il diritto alla causa di servizio e all’equo indennizzo fin dal 2006».

Domani si ricomincerà a chiarire cosa sia accaduto in quel giorno di giugno. Quattordici anni fa. Quattordici anni di attesa da parte di una madre che non si è arresa, che ha chiesto di essere ricevuta dal presidente del Consiglio dei ministri, dal Guardasigilli, dal ministro della Difesa, da quello dell’Interno, dai presidenti delle commissioni Difesa della Camera e del Senato e dal capo dello Stato. Ha inviato una supplica al papa, il quale ha risposto con un messaggio di incoraggiamento. «Sono dispiaciuta – il commento di Vittoria Olimpio – nei confronti dell’Arma dei carabinieri, che frequento da venticinque anni, nella quale però ho notato qualche strane figure che non rispettano la divisa che indossano».

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