Nardò (Le) – Continua il tour del giornalista e scrittore Francesco Buja, un viaggio ideale che propone un’ulteriore riflessione con il suo libro “Le sottane di Dio” (Il raggio verde ed. pp 178), ultima tappa in ordine di tempo a Nardò nel Chiostro dei Carmelitani alla presenza di un pubblico vasto e partecipe.
A dialogare con l’autore, Antonio Santoro, in rappresentanza dell’Associazione culturale Diotimart che si occupa di temi sociali all’avanguardia. Chiamato alla causa un esperto poiché, a ben guardare, la poetica della narrativa di questo piccolo gioiello letterario porta alla ribalta nomi e dimensioni particolari come quella pirandelliana. Sullo sfondo di una Roma potente e traboccante di meraviglie in cui si fanno spazio storie di amori, sfarzo e giocosi dialoghi con aliene schermaglie caratterizzanti sentimenti che la fanno da padrone, si pone al centro l’estimatore della donna, chi descrive l’ambientazione, come a voler invertire il trend di oggi.
È il sunto di Santoro alla pubblicazione, il quale aggiunge l’accostamento a Casanova e D’Annunzio, atmosfere rarefatte. Buja, nella storia Franco, seduttore e sedotto è la conferma che passioni e desideri sono appannaggio proprio di uomini e donne di fede. Come si dice, i ”regali” del cielo ai terreni sono un dono o una prova. In tal caso valgono entrambi.
Francesco Buja, conduttore della rubrica “Sentinelle del mattino”, su radio Portalecce, in questo suo romanzo ha voluto scandagliare svariate tematiche dello scibile, tra le quali la lotta alla discriminazione di genere e di condotte pregiudizievoli. Si tratta di un’opera-veicolo di conoscenza e cultura che ha impressionato nel dibattito anche la prof. Valentina Baldari, conosciuta per la sua preparazione multitasking, la quale si interroga sull’esistenza o la creazione fantastica dei personaggi della narrazione che a tratti paiono materializzarsi, evocando un mondo stratificato fra le classi sociali e di contro un abile protagonista-scrittore che conclude gli episodi con l’abbraccio del Padre e della Fede.
Difatti Buja ammette, a passi felpati, la natura autobiografica del romanzo. Si può ben dire che quella voce della coscienza che si domanda sul posto assegnato alla divinità celeste nell’uomo in questo caso uomo a caratteri cubitali, resiste. Inoltre dunque associare nel contempo l’Adagio ovidiano ripreso da D’Annunzio “Nec tecum nec sine te”, inconfutabile.
Francesca Giannelli