“La giusta direzione”, di Antonio De Donno: il racconto di una vita vissuta in prima linea contro la criminalità e il malaffare

Storie di baby gang, cyberbullismo e atti criminali diffusi a macchia di leopardo pongono al centro il problema della convivenza e connivenza quotidiane. Imperano inimmaginabili violenze risultanti talvolta ab origine, come è incredibile il solo prefigurarsi di un uso inaudito della sopraffazione verso esseri appartenenti allo stesso regno animale, come è stato nel recente caso di Galatina. Il gruppo di giovani che aggredisce un minore disabile straniero nella stazione ferroviaria. L’accaduto fa tornare in auge antichi livori spiegabili con l’istinto di base di una logica non umana ma definita azzardatamente naturale e riecheggiante il senso di un potere malato di una patologia non incasellabile poiché non altrimenti specificata, secondo i criteri stabiliti dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Di rimando accadono però anche fenomeni che offrono spaccati di vita opposti nella stessa Galatina per esempio, famosa per la sua bellezza storico-culturale dove si distingue altresì per contrasto l’ecosistema che va contro certe “leggine” del sottobosco suscitanti i suddetti comportamenti.

Un figlio di quella terra, un uomo di legge, Antonio De Donno, autore di un libro assai interessante intitolato “La giusta direzione”- Storia di un  magistrato, edito da Manni. In esso racconta la sua esperienza di vita in prima linea contro le efferatezze e il malaffare, avendo operato in città lombarde, successivamente a Roma e Lecce dove torna negli anni 90 come Pubblico Ministero e dipoi occupando il ruolo di prim’ordine nella Direzione Distrettuale Antimafia. In seguito investito del mandato di procuratore capo a Brindisi. Narra il suo percorso che lo vede impegnato in ambienti variegati dal terrorismo a Tangentopoli, dal contrasto alla Sacra Corona Unita alla lotta contro la violenza di genere. Riassunta in righe fluide la fenomenologia mafiosa, scandita primariamente dal momento stragista poi negli altri meandri della cosa pubblica. Un esame storico getta luce sulla geografia del crimine tra territori, movimenti intrinsechi e trasformazioni delle matrici annesse e connesse illustrate dettagliatamente in un gioco chiaroscurale tra cui è da sottolineare che la “pax mafiosa” risulta visibilmente inesistente all’interno del contesto suo proprio. Alla trama che va dall’inizio dal 1983 alla nuova veste della SCU gli fa da contraccolpo l’urgenza mirante a contrastare il trend con una ”politica” di prevenzione che favorisca una rete di antimafia sociale. Ai fini della promozione di una cittadinanza attiva il giurista richiama ad ispirarsi agli articoli 2 e 4 della Costituzione. Il senso permeante e condiviso della storyline è l’invito alle giovani generazioni alla lettura di un’educazione civica, assai carente oggigiorno. I veri destinatari del volume, come l’autore asserisce nell’introduzione, sono difatti i costruttori del domani. Un libro dallo stile asciutto, scorrevole, accessibile che compenetra una nota ottimistica nella “giusta direzione” della cultura della legalità da imporsi nel tessuto sociale e del futuro. 

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