La battaglia degli adolescenti ai tempi del Covid tra indifferenza, paure e incertezze

La giornata di oggi, Giovedì 7 Gennaio, scandisce la ripresa delle attività scolastiche, eppure agli studenti sembra di non avere ancora nessuna certezza. Il Consiglio dei Ministri ha stabilito la ripresa delle attività in presenza (solo al 50%) a partire dall’11 Gennaio, dando però alle regioni la possibilità di posticipare ulteriormente il rientro, che agli occhi degli studenti appare ancora molto incerto, poiché gli interrogativi legati alla questione scuola sono numerosi. Quali sono le modalità previste per il rientro? Come sono stati organizzati i trasporti? Sarà obbligatorio indossare la mascherina per 5/6 ore? Ma soprattutto, con quali presupposti possiamo noi studenti tornare in aula, conoscendo la situazione del nostro Paese, in cui i contagi non fanno che aumentare? La scuola è uno dei principali veicoli di contagio ed è resa tale dagli spostamenti collegati al raggiungimento dell’edificio scolastico e dai contatti esterni degli studenti, che contribuiscono a velocizzare la circolazione del virus. Come ci si può assumere la responsabilità di tornare tra i banchi, rischiando di contagiarsi e soprattutto, di infettare genitori e, nel peggiore dei casi, nonni?

Siamo sul punto di sprofondare nell’abisso dell’incertezza. Il governo continua a emanare decreti che prevedono rigide limitazioni, ma perché nessuno, in questi mesi difficili, ha pensato di dar voce a noi giovani e studenti?

Siamo stati privati di quelli che sarebbero dovuti essere “i migliori anni della nostra vita”, della nostra quotidianità, delle uscite con gli amici, delle attività ricreative, ma abbiamo reagito dimostrando grande determinazione, decisi ad aiutare il nostro Paese, con la speranza di poter tornare presto alla normalità. Ci siamo reinventati: abbiamo cambiato le nostre abitudini, abbiamo sperimentato nuove attività. Ci siamo adattati a un nuovo metodo scolastico, i cui risultati non sembrano però essere incoraggianti, come dimostra un’indagine condotta da IPSOS per Save the Children che fa emergere un quadro critico: il 35% degli studenti ritiene che la propria preparazione sia peggiorata; il 28% dichiara che almeno un proprio compagno di classe ha smesso di frequentare le lezioni, a causa della fatica a concentrarsi di fronte a uno schermo o per problemi tecnici legati alle connessioni. Non mancano le ripercussioni a livello sociale. Per il 46% degli adolescenti, quello passato è stato un “anno sprecato”, che ha permesso però di riscoprire l’importanza delle relazioni vis-à-vis con i coetanei.

Nonostante ciò, lo Stato ripaga i nostri sacrifici abbandonandoci nella precarietà più totale, senza dare ascolto alle nostre esigenze. Ci siamo mostrati forti e resilienti, ma ad oggi rischiamo un sovraccarico emotivo, eppure nessuno sembra preoccuparsene.

É vero, il governo ha fallito con noi adolescenti, facendo vacillare le certezze del nostro presente, ma non è il momento di tirarsi indietro, dobbiamo continuare a sacrificarci. Lo dobbiamo a tutti coloro che lottano contro questa pandemia, al personale sanitario, a coloro che hanno perso il lavoro, o peggio, una persona cara. É una battaglia che dobbiamo portare avanti insieme, perché solo la nostra unione potrà essere l’arma vincente per sconfiggere questo nemico invisibile.

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