Torino, l’omofobia avanza come una pandemia silenziosa

“Spezzagli le mani, non deve più fare il chirurgo” queste le parole di un 75enne che ha assoldato un malvivente per massacrare di botte il figlio, un affermato chirurgo torinese. Il motivo? Punirlo per la sua omosessualità. Nel 21esimo secolo succede anche questo

La vicenda risale al 2017: il chirurgo viene paparazzato al mare con il suo compagno e le foto finiscono su un giornale di gossip. Il padre è già a conoscenza della sua omosessualità, ma rimane scandalizzato nel vedere quelle foto: è inconcepibile che il figlio viva la propria sessualità alla luce del sole. Lo sconcerto è tale da spingerlo a ingaggiare un malvivente romeno, chiedendogli di pedinare il figlio e di aggredirlo, spezzandogli le dita. Tuttavia, è lo stesso picchiatore a cambiare le carte in tavola: dopo aver pedinato a lungo il 43enne, lo avvicina, intenzionato ad aiutarlo, reputandolo “una brava persona”, mosso probabilmente dalla propria coscienza. I due si accordano, simulano un pestaggio e forniscono false prove al 75enne, permettendo così al presunto picchiatore di intascare il suo compenso, pari a 2.500 euro.

Poi, la vittima prende coraggio e denuncia l’accaduto.

Dopo ben tre anni, il 15 Dicembre 2020, il 75enne è stato accusato di stalking e lesioni e ha patteggiato due anni di reclusione, senza risarcimento del danno.

Il danno morale è quello che, però, nessuno potrà mai risarcire alla vittima. Sì, perché nonostante l’uomo sia riuscito a scampare alla ferocia del suo stesso padre grazie a una presa di coscienza di colui che avrebbe dovuto sancire la sua fine, resta pur sempre una vittima, che dovrà sopportare per tutta la vita il peso di una violenza originatasi in famiglia, il “porto sicuro” per eccellenza, e causata da un padre che, pervaso dall’irrazionale paura che il proprio figlio potesse amare una persona del suo stesso sesso e mostrarlo al mondo intero, stravolgendo un concetto di normalità ormai vecchio e bigotto, lo ha privato della sua quotidianità, facendolo seguire, facendo aggredire il suo compagno, seguendo ogni suo movimento sui social, insultandolo e manifestando atteggiamenti violenti persino nei confronti della moglie, deceduta nel 2019.

Torino, scenario dei fatti, mostra sdegno e disprezzo. Tutt’Italia lo fa, quell’Italia che ancora crede e spera in un cambiamento. Perché nel 2020 non si è ancora liberi di manifestare apertamente l’amore? Questa è l’ennesima vicenda che dimostra che in Italia esiste un’emergenza omofobia. Benché sia stata definita “un falso problema”, l’omofobia costituisce, ad oggi, un virus molto più potente del Covid: potremmo definirla una pandemia silenziosa, di cui non tutti ci rendiamo conto, ovattati nei nostri nidi colmi di finta tranquillità e indifferenza. Un’emergenza da combattere non solo penalmente, ma soprattutto culturalmente, per sradicare i valori negativi presenti in una società che abbrutisce colui che considera “diverso” per il suo orientamento sessuale.

É davvero così importante etichettare qualcuno per la sua sessualità? É davvero difficile comprendere che esiste un unico orientamento, quello dell’amore? Chissà, forse in futuro sarà più semplice rispondere negativamente. Ad oggi, non tutti ne siamo capaci.

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