In bilico tra la realtà e i falsi miti

Tramonto

In quest’era di cambiamenti esasperati non ci accorgiamo che il nostro incedere è, in realtà, un regredire verso un’età della pietra tecnologica e null’altro. Stiamo usando male e abusando di tutto quello che ci sarebbe servito per tentare di migliorare questo mondo e non per ammazzarlo. Siamo tutti colpevoli di tutto.

Mancano i pensatori e chi ci esorta a pensare, siamo l’appiattimento del “troppo” che diventa nulla.

Ai nostri ragazzi non conferiamo più nulla, eccezion fatta per lo smartphone o il tablet, ricevendo in cambio un menefreghismo cosmico, spesso erede diretto del nichilismo, anticamera dell’effimero.

Vent’anni fa la vera trasgressione era fumare la marijuana mentre oggi quest’ultima è “roba” da dilettanti. Dilagano in tutti gli angoli dei paesi gli spacciatori di droghe micidiali che disgregano ancor prima di causare danni. Lo spinello fungeva da vero e proprio calumet non solo della pace ma dell’unione di più gruppi, di più risate e, seppur fosse proibito, non ha mai arrecato i danni tremendi nei cervelli e nelle esistenze di chi sceglieva di vivere un po’ sopra le righe.

Siamo chiari, non stiamo giustificando una droga, che resta tale, stiamo volgendo lo sguardo ad un’epoca accorgendoci di quanti passi indietro abbiamo fatto come società.

Se un tempo si combatteva contro le associazioni (mafiose o dedite alla malavita) locali, oggi bisogna fare i conti con un’apertura delle frontiere di tutto il mondo. E non dobbiamo fare finta di nulla, siamo nei guai. I nostri figli si avviano a compiere un salto nel buio.

Prima i diciotto anni erano il traguardo per prendere la patente, la maturità, per sentirsi grandi e pianificare il futuro; oggi il desiderio più grande per il raggiungimento della maggiore età è farsi regalare il video “prediciottesimo” .
Il fenomeno, sempre più dilagante, evidenziato dal geniale Enrico Lucci, deve farci riflettere. Dobbiamo pensare a come la carenza di valori faccia scivolare i nostri ragazzi nell’apatia di ideali da una parte e dall’altra, “vestendoli” di uno spiccato egocentrismo che li fa volare nel regno dell’unico sogno che coltivano: il guadagno facile, ad incominciare da quello generato dal mondo dello spettacolo.

A chi ancora è sfuggita questa nuova moda, cerchiamo di spiegarla in poche righe. Come regalo di compleanno (18 anni) i ragazzi chiedono ai genitori un video professionale che li ritrae in scatti d’autore ovunque, al mare, in casa, mentre si vestono o svestono, un lavoro fatto bene che porti alla luce qualsiasi tipo di talento “televisivo” insito nel loro modo d’essere. Queste riprese hanno luogo qualche settimana prima di compiere i diciotto anni e poi dopo averlo visto per la prima volta durante la loro festa, lo “sparano” sul web a partire da You Tube, sperando così di essere notati da qualcuno che li introduca nel “favoloso” mondo della TV o della celluloide. Per i genitori il costo di quest’ operazione è di circa diecimila euro. Allucinante vedere nel servizio delle Iene questi genitori contenti di essersi indebitati con finanziarie e banche per coronare il sogno del figlio: un sogno allo stato embrionale, perché loro vogliono arrivare sull’olimpo del successo.
La voglia di diventare “celebrità” li fa, spesso, bruciare e sprofondare in un mondo falso, facendoli correre dietro a miti di carta; d’altronde la parola “celebrità” (volendo rivisitarne in chiave moderna l’etimologia) possiamo pensare che sia formata da celere e cioè veloce, arrivare subito al traguardo, per poi il più delle volte bruciarsi con la stessa rapidità.

In un tempo ormai “binario”, in cui è tutto una sfida tipo maschilisti contro femministe, guelfi contro ghibellini (che non passerà mai di moda come esempio), genitori contro figli, il bene opposto al male, il bianco contrapposto al nero, ci siamo perse le sfumature di una vita in cui i colori sono sempre stati lo specchio dell’anima; di quell’anima che non abbiamo più. E con questo non vogliamo essere moralizzatori, populisti o qualunquisti, anche perché noi siamo il popolo che vent’anni fa e anche più fumava le “canne” ma sapeva che per vivere bisognava lavorare sodo. Siamo il popolo della Partita Iva, un popolo falcidiato dalla crisi sia economica (nel 2012 sono state chiuse 1000 aziende al giorno e negli ultimi 5 anni se ne contano oltre 600 mila costrette ad abbassare le saracinesche), dalla crisi di valori che ci porta a educare figli che non sognano di diventare genitori ma sperano di diventare “famosi”.

E guai quando capiranno che solo uno su mille riesce ad arrivare lì dove sognano tutti. 

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