Letteratura e musica in Pirandello

Luigi Pirandello e Marta Abba

In questi giorni molti studenti della scuola secondaria di II grado sono alle prese con l’esame di maturità. Tra gli scrittori più importanti del Novecento vi è Luigi Pirandello del quale oggi ricorre il 153 esimo della nascita (28 giugno 1867). Il ricordo dello scrittore siciliano, premio Nobel (1934), diventa occasione per riflettere su alcuni rapporti tra letteratura e musica.

Ispirandomi al  volume Le passioni di Pirandello (2010), ricordo che tra queste vi è la musica tanto che, in alcune lettere (1928) indirizzate a Marta Abba, attrice preferita e sua musa ispiratrice, viene espressa con questi toni: «Ho comprato a Roma tanti libri su Beethoven, per quell’idea che Tu sai [allusione ad un progetto sul compositore di Bonn che non verrà mai realizzato]; e son dietro a leggerli. Verranno visioni magnifiche, e cose non mai viste». E ancora successivamente: «ho ripreso a leggere sulla vita e sulle nove sinfonie di Beethoven […] Ma mi manca la suggestione della musica. Bisognerà che trovi il modo di riudire attentamente, una per una, tutte le nove sinfonie: forse con qualche buon disco di grammofono. La lettura di questi libri mi dà intanto lo stato d’animo e il clima spirituale del musicista nei vari momenti delle sue composizioni».

Ma l’amore per la musica, più in generale, va oltre la ‘suggestione sonora’ tanto che non esita a collaborare con alcuni compositori della “Generazione dell’Ottanta” (nati intorno a quegli anni del secolo scorso) i quali si impegnano per un rinnovamento della musica italiana già dagli inizi del Novecento e tra essi ricordiamo: Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti e Ottorino Respighi.

Infatti, il 1924 è l’anno in cui il drammaturgo siciliano collabora con Casella sul testo della novella La Giara. Significativo è il fatto che la redazione del libretto venga realizzata a più mani, ovvero dal compositore insieme a Pirandello e al primo ballerino e coreografo svedese Jean Börlin con il coinvolgimento di Giorgio De Chirico per le scenografie e costumi, divenendo una «commedia coreografica».

Il lavoro va in scena al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi (19 novembre 1924) ed è accolto con successo come autentica espressione tra le arti (poesia, musica e danza) aprendosi ad un successo internazionale. D’altronde non è più il tempo del poeta- librettista come nell’Ottocento perché, nel XX secolo, il rapporto testo letterario – musica spesso diventa une bonne affaire per il compositore all’interno del dialogo interdisciplinare. Quasi lontano eco dell’esempio di Wagner, musicista e librettista al tempo stesso, ora anche il compositore diviene librettista e/o colui che rielabora lavori di importanti scrittori per le proprie opere.

Tra i vari esempi non mancano anche scrittori che lasciano carta bianca e si affidano totalmente all’autore della musica. Massimo Bontempelli, nel volume Gian Francesco Malipiero (1942), riporta alcuni scambi epistolari tra quest’ultimo e altri personaggi. Tra questi è significativo un passo in cui  Pirandello scrive a Malipiero, suo amico e collaboratore in occasione de La favola del figlio cambiato: «… io non credo che una nostra collaborazione diretta, oltre quella che è nel fatto stesso d’averti io con la mia opera offerto una pura e semplice materia da adoperare per l’opera tua, possa riuscire utile; perché tu devi restare solo e libero di fronte al tuo lavoro come io sono stato di fronte al mio».

Tra Pirandello e la musica ci sono altri fili sottili che si intrecciano e, come nel teatro dello specchio, egli sembra cogliere l’autenticità dei sentimenti proprio in quel teatro tout court dal quale attingerà anche quello musicale.

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