L’umanizzazione delle cure palliative: ottima riuscita del primo convegno organizzato dall’associazione “Cuore e mani aperte”

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“Cuore e mani aperte” non è soltanto uno slogan benaugurante, ma l’Associazione di Volontariato guidata da Don Gianni Mattia, il Cappellano dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, che ha promosso  e organizzato un convegno (il 17 e 18 ottobre scorsi) presso l’hotel Leone di Messapia a Lecce.

Focus e titolo “Cure palliative e territorio: integrazione e umanizzazione”. L’iniziativa ha riconosciuto 6 crediti formativi ECM ad assistenti sociali, psicologi psicoterapeuti, medici e infermieri. Nel comitato scientifico presenti, fra gli altri, anche Evelina Pedaci, direttrice dell’Hospice e cure palliative a San Cesario di Lecce insieme ad Alessandro Cocciolo, dirigente medico presso l’U.O.C. di oncoematologia pediatrica del “V. Fazzi”. Entrambi hanno presentato in anteprima il tema ai microfoni di Antonio Soleti direttore e conduttore della trasmissione “Mi curo di te”.  

Tra i responsabili scientifici Antonio Leo, neurologo e direttore sanitario dell’Istituto Santa Chiara a Lecce e Assunta Tornesello primaria della citata U.O.C. di oncoematologia pediatrica a Lecce.

Nei saluti di rito, Don Gianni Mattia accompagnato dallo stuolo dei volontari del gruppo di Bimbulanza, il direttore generale dell’ASL Stefano Rossi, il vice sindaco di Lecce Roberto Giordano Anguilla, Raffaello Pellegrino, segretario di OMCeO di Lecce e, in apertura della seconda giornata del convegno, anche l’Arcivescovo di Lecce, Mons. Angelo Raffaele Panzetta a cui si sono aggiunti Cosimo Calderaro, direttore ADTP CdS Infermieristica Lecce e Massimiliano Fiorentino presidente dell’Ordine regionale degli Assistenti sociali della Puglia. A moderare gli interventi il direttore di Puglia Sanità e PaiseMiu, Antonio Soleti.

I contenuti sono stati compendiati in tre sessioni a cui hanno preso parte vari professionisti-specialisti del settore di Cure Palliative e dei Centri: se ne contano tre, gli hospice dislocati a San Cesario, a Tricase, ovvero Casa di Betania e a Casarano.  Le relazioni degli esperti: L. Siculella, A. Nicolì, L. De Filippo, C. Federico, G. Fersini, A. Negro, A. Rizzo, G.Piraino, A. Leo, S. Di Noia, M. Rizzo, in conclusione M. Nacci e la disegnatrice Sally Galotti hanno un denominatore comune: mirare i colloqui all’empowerment, rilevare la compliance ai fini di un risultato unanime, l’inter-azione tra malati e il mondo circostante per vivere dignitosamente e non sopravvivere alla mercè dei morbi con sensi di inadeguatezza, colpa e dolore.

In ultimo ma decisamente non per ultimo fanno da corona nell’epilogo delle cure le associazioni di Volontariato: AmoPulia, Ant, Il mantello di San Martino, Lorenzo Risolo, Per un sorriso in più, con i propri rappresentanti, che spesso vengono esperiti come una presenza silenziosa dall’incommensurabile valore.

L’hospice, istituito a Londra nel 1967, ha la caratteristica della multisciplinarietà  poiché risponde ad una vasta gamma di bisogni, inoltre è transdisciplinare ossia condivisibile con figure esterne, rappresentando un progetto co-costruttivo. Il segreto del successo di questa struttura è da attribuire alla sua realtà olistica all’avanguardia, tale da intercettare le esigenze insite al cambiamento di ruoli in seno alla famiglia e in tutti i contesti di sofferenza che hanno a che fare con la terminalità ma non solo. Le forme di criticità a cui va ad impattare non riguardano soltanto i pazienti di oncologia pediatrica ma anche gli adulti con comorbilità nell’intero nucleo familiare. Il team di cui dispone assicura interventi a forbice che coinvolgono altresì  il caregiver e l’assistente, figure sottoposte periodicamente ad una per così dire supervisione da parte dello psicologo. Per quanto concerne il setting, ovvero il luogo dove si applica la funzione terapeutica (ospedale, casa,  RSA) è intercambiabile, a discrezione del palliativista. Alla base vi è un ascolto attivo e, come allerta Soleti, è necessario che il linguaggio diretto alle persone in cura sia compreso appieno per poter essere tesorizzato negli animi fragili, con le prevedibili auspicabili conseguenze in tutti i risvolti. Non a caso il termine pallio, come evidenzia Mons. Panzetta, vuol dire mantello, dunque fondamentale date le esigenze sociali, psicologiche, relazionali, spirituali. A proposito dei BES, ossia i bisogni educativi speciali si mette poi l’accento sul binomio integrazione e umanizzazione. Per ovviare a problemi pratici di logistica è a disposizione anche un APP di collegamento tra i più tecnologizzati  ai fini di realizzare il piano delle cure fra allettati e i professionisti del dono. La morale e l’etica puntano all’aiuto per chi si rivolge all’équipe medica e per fare ciò si fa appello alle autorità competenti di intervenire selettivamente sul territorio per svolgere il nobile compito da demandare non esclusivamente al mondo del volontariato e in questo squarcio geografico. La conclusione è che il malato non è più solo e non è scontato che muoia subito come da protocollo medico. Don Gianni Mattia aggiunge “L’ambiente può curare, anche un muro può diventare testimone d’amore”. E come sostiene Gustavo Rol “Le difficoltà stimolano il coraggio, nel coraggio si tempera la forza, con la forza s’impone la rotta al destino. Questo vuol dire vivere”.  

1 comments
  1. Grazie Daniela l’articolo ricco di contenuti e di importanti informazioni hanno arricchito il mio bagaglio culturale su un tema che mi sta molto a cuore

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