La figlia del destino, in libreria l’ultima fatica letteraria di Annalaura Giannelli

La figlia del destinoNel marzo del 1991 tutta l’Italia assiste, attonita, ad una scena a dir poco epica: migliaia di Albanesi, disordinatamente in fuga dalla propria Patria, arrivano dal mare e invadono il porto di Brindisi, privi di vestiti, bagagli, documenti, a gruppi, famiglie, da soli, adulti, bambini… Un vero e proprio esodo. La città, come tutta l’Italia, è assolutamente impreparata, non è in grado di fronteggiare quest’invasione pacifica, di prestare accoglienza al fiume di profughi che si riversa ovunque. Scattano i piani di emergenza, l’intervento straordinario delle Forze Armate, le gare di generosità della popolazione locale.

È questo importante episodio della nostra storia contemporanea che dà l’avvio al romanzo di Annalaura Giannelli, La figlia del destino, edito da Mario Adda.

Assunta, la protagonista, vive a Brindisi ed è, suo malgrado, coinvolta in questo frammento di Storia. Ma chi è Assunta? Dopo un’infanzia difficile in Sicilia, caratterizzata dalla privazione e dalla miseria, Assunta contrae un matrimonio da favola con il ricco rampollo di un’importante famiglia di Brindisi, Corrado De Vinci, il farmacista della città, diventando Donna Assunta e cominciando una vita da benestante all’interno della cerchia di notabili amici del marito. Per anni nasconde il suo passato, dissimulando dietro una conversazione amabile le tristi vicende della sua infanzia. Dopo alcuni anni, però, l’amore con Corrado finisce ed è a questo punto che inizia la narrazione: Assunta è alle prese con il divorzio dal marito, in un momento della sua vita in cui le sembra di essere arrivata ad un punto morto. Non ha più nessuno in Sicilia, non ha più nessuno a Brindisi: sola, senza passato, né presente, con un futuro sfocato e incerto davanti a lei. Solo Dora, la sua fidata amica, l’unico rapporto stabile, profondo, che l’abbia sorretta ed accompagnata negli ultimi anni. Ma,inaspettatamente, la sua vita si riempie quando le sue vicende personali si incrociano con la Storia, che in quel momento tocca la città di Brindisi. Uscita da casa per andare a vedere che cosa succede al porto, dopo aver avuto la notizia dello sbarco, donna Assunta si imbatte in Anjeza, una piccola profuga che si è rifugiata nella scala del palazzo dove lei vive. La maggior parte dei profughi è stata alloggiata nel campo militare allestito all’occorrenza, in ospedali, scuole, rifugi di fortuna; alcuni, alla spicciolata, sono fuggiti, alla ricerca della “terra promessa”. La popolazione brindisina, in un grande slancio di generosità, fa a gara per portare cibo, indumenti, coperte: ognuno dà quel che può. Donna Assunta, dapprima infastidita da queste presenze ingombranti e pericolose, si trova a farsi carico, generosamente e pur tra mille difficoltà, della piccola Anjeza. La accoglie in casa sua, se ne prende cura, è disposta a portarla con sé, le si affeziona, rivelando tutta la generosità e la sensibilità di una donna che ha sofferto, che ha costruito la sua forza sulle difficoltà che ha affrontato e vinto. Anche quando comprende che Anjeza le sarà tolta, perché il padre l’ha ritrovata, non si tira indietro, rinuncia a lei, è giusto così, anche se è l’ennesimo strappo della sua vita. “Le cose capitano, tutto qui. Possiamo scegliere di viverle, o di non viverle”, pensa donna Assunta, mentre il destino si serve proprio di Anjeza per portarla a quel cambiamento che lei desidera e di cui non si crede capace.

È, infatti, nel suo andare e venire dal campo militare allestito per l’accoglienza dei profughi albanesi, che incontra Dario Livori, il generale incaricato di coordinare le operazioni di sbarco della seconda nave albanese, e se ne innamora, seriamente, profondamente, come non le era mai capitato. Tra i due scatta immediatamente un sentimento che li avvicina con la forza di un magnete e che, quando tutto sembra ormai perduto, permette loro di incontrarsi nuovamente.

La vicenda narrata ha un esito positivo, carico di speranza, segno di uno sguardo rivolto al futuro: Anjeza e il padre, Assunta e il generale tornano ad incontrarsi dopo situazioni avverse e separazioni, attraverso un percorso che scava nella loro personalità, rendendoli presenti a se stessi, ma anche al lettore, che in essi ritrova luci ed ombre di ogni umanità. Così è per gli altri personaggi: il professor Mangialardi, artefice del ricongiungimento della bimba con il padre, dimostra di essere generoso, accogliente, assurgendo in un certo senso a simbolo della capacità di accoglienza della popolazione brindisina; eppure non è un eroe: ha una vita”mancata” alle spalle, la scelta di non vivere a pieno, nascondendosi dietro la sua razionalità. Dora, l’amica fidata e unico sostegno di Assunta, ha accettato a lungo una storia irrisolta con un uomo sposato, storia che la rende infelice, e solo alla fine sceglie, dolorosamente, di riscattarsi da questo legame. Gli stessi profughi albanesi non sono una massa uniforme: la scrittrice, abilmente, ne presenta vari tratti; anche i termini della loro accoglienza non sono stereotipati: c’è la generosità di chi accorre con i vestiti, la simpatia di chi naturalmente dà quello che ha, ma c’è anche la paura, la diffidenza, la preoccupazione di chi non sa comprendere quello che sta accadendo, non sa cosa aspettarsi: tante sfumature quanto è varia l’umanità.

Annalaura GiannelliL’autrice osserva gli uomini per quel che sono e li racconta con un narrare fluido, corposo e, allo stesso tempo, leggero. Il richiamo al passato, l’intreccio dei vari piani temporali, sottile, conferisce alla narrazione un tocco di nostalgia: anche i ricordi tristi si addolciscono, acquistano una certa grazia.

Il romanzo è scritto con garbo ed eleganza, il linguaggio accurato, ricco nell’aggettivazione e nelle descrizioni, consente al lettore di entrare nelle vicende narrate. L’opulenza della casa di Corrado, la desolazione dell’infanzia povera, legata con un filo ad altre scene di desolazione, quelle degli albanesi in fuga, laceri, sporchi, ammassati sulla nave, del cattivo odore, della promiscuità vengono presentate senza forzature, attraverso la scelta sapiente dei vocaboli, e rese verosimili dai dialoghi ben strutturati. Ogni tanto, rapidi squarci paesaggistici illuminano il racconto: il sole di Sicilia, una tiepida giornata a Roma, il bel Salento. E poi quel vento persistente, “vento di tramontana”, che arriva per spazzare tutto, perché tutto dopo possa ricominciare, perché, e Assunta lo impara grazie all’incontro con Anjeza, il cambiamento è possibile, ogni vita può rifiorire, magari quando ormai non lo si aspetta più, magari in una fresca mattina di fine giugno…

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