Sanità nel caos: Pediatria del Fazzi al collasso. Tria Corda: “Basta reparti inutili, servono scelte coraggiose”

Lecce – Fino a 9.000 accessi all’anno per consulenze di Pronto Soccorso, 850 ricoveri ordinari e 125 in Day Hospital nel 2024, oltre a 7.667 visite provenienti dal Pronto Soccorso nello stesso anno.

I numeri diffusi dal sindacato FSI-USAE di Lecce, tramite il segretario Franco Perrone, sono impietosi e ripropongono con forza le criticità che permangono all’interno dell’Unità Operativa di Pediatria dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce.

Sulla vicenda interviene Antonio Aguglia, presidente di Tria Corda, l’associazione che da oltre tredici anni porta avanti la battaglia per la realizzazione del Polo pediatrico del Salento.

“La grave carenza di organico, che non riesce a far fronte alle molteplici attività del reparto, è sotto gli occhi di tutti, acuita da un caos organizzativo che chiama in causa precise responsabilità. Gli operatori sanitari devono essere messi nelle condizioni di lavorare serenamente per dare risposte concrete ed efficaci ai piccoli pazienti del Fazzi”.

“Se non si corre immediatamente ai ripari, la cura e l’assistenza pediatrica rischiano di diventare un optional. È una situazione al limite del collasso che conferma – ancora una volta – la necessità di procedere senza indugi alla realizzazione del Polo pediatrico del Salento”.

Il presidente di Tria Corda sottolinea che i tempi del cronoprogramma condiviso con Asl Lecce e Regione Puglia non sono stati rispettati: “Siamo in notevole ritardo. Occorre fare presto e bene, serve una decisa inversione di rotta per garantire ai bambini un sorriso ed evitare alle famiglie lunghi e costosi viaggi fuori regione per curare i propri figli. È arrivato il tempo di fare scelte, anche difficili, invece di perdere tempo in sterili diatribe politiche”.

Secondo Aguglia, l’attuale carenza di personale deriva anche da scelte organizzative sbagliate: “Paghiamo le conseguenze di decisioni insensate, come quella di mantenere aperti troppi reparti pediatrici sul territorio, senza criteri di efficienza e qualità. Una logica che nulla ha a che vedere con l’efficienza sanitaria, che è invece ciò che cercano le famiglie”.

La letteratura scientifica e i dati nazionali confermano questa analisi

  • Secondo uno studio dell’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (AIEOP), nel Sud e nelle Isole quasi il 60% dei bambini affetti da tumori solidi migra verso altre regioni per ricevere cure adeguate, a causa della mancanza di strutture specializzate locali (https://ijponline.biomedcentral.com/articles/10.1186/s13052-024-01620-1, 2024).
  • Una ricerca sui dati ospedalieri italiani dimostra che la cooperazione tra ospedali e la concentrazione delle competenze in hub specialistici è associata a una migliore qualità delle cure (https://arxiv.org/abs/1911.04168, 2019).
  • Inoltre, un’analisi sull’efficienza sanitaria italiana segnala un gap strutturale nel Sud: qualità e performance inferiori rispetto al Centro-Nord, proprio a causa di una rete frammentata e dispersiva (https://arxiv.org/abs/1811.09443, 2018).

Alla luce di questi dati, la richiesta di Tria Corda appare chiara: “Occorre ridurre la frammentazione dei reparti pediatrici, concentrare le risorse in un Polo specializzato e garantire finalmente ai bambini del Salento cure sicure, di qualità e vicine a casa”.

A confortare questa impellente esigenza sono i numeri. Come ben evidenzia il professor Mario De Curtis – maestro della pediatria, presidente del Comitato per la Bioetica della Società Italiana di Pediatria e membro del Comitato Etico per la Sperimentazione e la Ricerca Clinica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, una delle voci più autorevoli nel settore – “un reparto con pochi ricoveri pediatrici non può sviluppare né mantenere l’expertise indispensabile per affrontare in modo appropriato casi complessi o emergenze, trasformandosi così in un potenziale pericolo più che in una risorsa per la comunità. La programmazione regionale deve invece puntare a identificare e potenziare centri di riferimento in grado di offrire cure di alta qualità, soprattutto ai bambini con malattie croniche o disabilità, il cui numero è in continuo aumento. È inutile e dannoso mantenere attivi reparti inefficienti con attività limitate. La stessa logica che da anni — purtroppo senza piena applicazione — prevede la chiusura dei punti nascita con meno di 1000 parti annui deve valere per la rete pediatrica ospedaliera. Eppure oggi, su circa 400 punti nascita italiani, un quarto registra meno di 500 parti all’anno, nonostante l’Accordo Stato-Regioni del 2010 ne prevedesse la progressiva chiusura. Analogamente, per la pediatria occorre ridurre il numero dei reparti distribuiti a macchia di leopardo e investire invece nella qualità. Significa dotarli di personale sufficiente e qualificato, comprese figure come infermieri pediatrici, neuropsichiatri infantili e psicologi, la cui carenza è cronica in tutta Italia. La pandemia di Covid-19 ha reso ancora più evidente questo problema, facendo emergere un aumento dei disturbi neuropsichici tra bambini e adolescenti che non trova risposta adeguata nella rete attuale”.

I posti letto disponibili in Italia sono nettamente insufficienti: si contano solo 273 letti, pari a un rapporto di un letto ogni circa 35.000 bambini e ragazzi, lontano dagli standard europei raccomandati di un letto ogni 20.000-30.000. Anche qui, il tema non è avere ovunque “un po’ di tutto”, ma concentrare risorse e competenze in strutture adeguatamente attrezzate, capaci di garantire i migliori esiti clinici.

Insomma, efficienza e qualità sono la bussola per garantire l’assistenza e la cura dei bambini. E Il Polo pediatrico rappresenta il naturale approdo di questo percorso virtuoso.

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