La corona che illumina il nostro cammino

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9)

Il 13 dicembre da poco trascorso, giorno in cui la Chiesa festeggia Santa Lucia, oltre che ricordare la martire cristiana perseguitata sotto il dominio di Diocleziano, offre l’opportunità di riflettere in questo periodo invernale sul significato del sostantivo Lux.

L’associazione della luce con la santa, com’è noto, deriva dal fatto che ella usava una corona di candele per illuminare il suo percorso e lasciare libere le mani impegnate a portare aiuti ai cristiani nascosti nelle catacombe siracusane.

In tema di luminosità ricordiamo anche l’espressione pronunciata dal Creatore presente nell’Antico Testamento (Genesi I, 3): dixitque Deus fiat lux et lux facta est (e disse Dio: sia fatta la luce, e la luce fu fatta) riferendosi alla volontà del Creatore nel trasformare in luce le tenebre.

L’invocazione Te lucis ante terminum preserva e allontana dai sogni angosciosi della notte tanto che lo stesso Dante lo fa recitare alle anime. (Purg, VIII)

Un esempio di equilibrio tra buio/ombra e luce da potersi percepire con gli occhi può essere l’effetto creato dall’oculus situato al centro della cupola del Pantheon.

La lux, fonte primaria e imprescindibile nella vita, secondo Sant’Agostino diventa conoscenza attraverso la luce di Dio, mentre nel pensiero di Severino Boezio è presente nell’aria come musica delle sfere celesti (Musica mundana).

Una trasposizione poetica di questo tipo di musica si trova nel Paradiso, quando Dante, in compagnia di Beatrice, parla dell’armonia del creato e del desiderio di percepire la novità del suono e del grande lume al fine di comprendere ciò che precedentemente non si conosceva:

Quando la rota, che tu sempiterni / Desiderato, a sé mi fece atteso, / Con l’armonia che temperi e discerni, / Parvemi tanto, allor, del cielo acceso / De la fiamma del sol, che pioggia o fiume / Lago non fece mai tanto disteso. / La novità del suono e ’l grande lume / di lor cagion m’accesero un disio / mai non sentito di cotanto acume. (Par I, 76-84).

Rimanendo nella luminosità del cielo acceso, come non associarla a quella lucentezza delle pitture su tavola con il classico fondo d’oro della pittura medievale tanto che lo stesso Cennini ricorda: «mescola con questo oro un poco di verde» affinché «alcuno albore paresse degli albori di paradiso».

Ritornando alla corona luminosa della Santa, in questo mese di dicembre ben si collega al tempo dell’attesa e di preparazione alla nascita di Gesù mediante la corona dell’Avvento, bagliore di speranza, di rivelazione e mistero, ove con l’accensione di una candela ogni domenica (tre viola e una rosa corrispondenti agli stessi colori dei paramenti liturgici indossati dai sacerdoti) si scandiscono i vari significati all’interno di un percorso di autentica luce.

Se la prima «Candela del Profeta» costituisce quella della speranza della nascita di Gesù a Betlemme, annunciata dal profeta Michea, la seconda, «Candela di Betlemme», rammenta il luogo della Nascita e rappresenta la speranza poiché Giuseppe e Maria, dopo molto vagare, finalmente trovano asilo in una stalla. La terza è la «Candela dei pastori» in ricordo della diffusione della notizia e della loro adorazione del Bambino. La successiva «Candela degli Angeli», che coincide con la quarta domenica, si riferisce agli angeli annunciatori della Lieta Novella rappresentando altresì la graduale conquista della luce nei confronti del buio delle tenebre.

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