Silenzio, parla la musica

Viviamo in un mondo dove è sempre più difficile isolarsi da suoni e rumori, tanto da non farci più caso.

Non di rado possiamo conoscere persone che, per concentrarsi durante il lavoro o lo studio, usano tapparsi le orecchie, indossare cuffie o addirittura ricorrere all’insonorizzazione di una stanza.

Accanto all’inquinamento ambientale si stanno sempre più diffondendo una serie di intolleranze a determinate situazioni ed effetti acustici, tanto da generare vere patologie come la ridotta tolleranza al suono o misofonia.

A ricordarci l’importanza del silenzio, che in musica corrisponde alle pause, basterebbe osservare il centro del Soffitto della Grotta del Palazzo Ducale di Mantova con i suoi richiami al tempo del mecenatismo di Isabella d’Este. I segni delle figure delle varie pause (le linee verticali all’interno del pentagramma) rappresentati nella notazione mensurale bianca, unitamente alle combinazioni dei tempi (i segni espressi con il cerchio e il semicerchio), vogliono sottolineare proprio quanto detto sopra.

In senso lato e riferendoci alla sua etimologia, per pausa va intesa la cessazione, l’interruzione di qualcosa che rimanda all’intervallo, ad una sosta, ecc. Ecco allora che la ricreazione a metà mattina a scuola può risultare efficace per tutti, così come il famoso coffee break durante un convegno, l’intervallo durante la proiezione di un film o l’interruzione di qualsiasi attività lavorativa, ecc.

Si pensi che un difetto abbastanza diffuso, anche tra i professionisti della parola e della musica, è proprio quello di non effettuare durante le frasi delle pause attraverso il “respiro”, sottraendosi alla sintassi necessaria per l’interpretazione. Allo stesso modo, le pause espresse graficamente dal compositore rimandano a significati che possono cambiare nelle diverse prassi esecutive, così come per altri segni: il punto coronato sopra una pausa ecc. che, in taluni contesti, ha bisogno di un’attenzione particolare per stabilire la durata.

Tornando all’effetto che le pause sono in grado di generare, se considerassimo la vita come una grande sinfonia, dovremmo esigere più silenzi, cercare molte pause e respiri, con la consapevolezza che questi momenti possano restituire un ascolto necessario per la comprensione reciproca, non solo con gli altri e con se stessi, ma anche con il mondo.

Citando Quasimodo «Se mi desti t’ascolto, /e ogni pausa è cielo in cui mi perdo», probabilmente c’è veramente bisogno di ripensare a quel silenzio che non esiste, come ha dimostrato John Cage con la composizione 4’33’’ per predisporci ad una nuova educazione dell’ascolto.

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